Impatto sociale

Sull’Impatto sociale, attenzione a non prendere lucciole per lanterne

Negli ultimi anni, diversi portatori di interesse si sono impegnati affinché il temadell’impatto sociale uscisse dai margini della discussione specialistica, per certi versi quasi esoterica, divenendo parte di un dibattito più ampio, anche grazie all’effetto di trascinamento prodotto dal percorso parlamentare della legge delega di riforma del Terzo Settore. Usciti, dunque, dagli spazi angusti dell’accademia, ci troviamo oggi di fronte ad una serie di sfide complesse e, allo stesso tempo, molto stimolanti. Nel momento in cui l’accountability assume crescente rilevanza, poiché i diversi stakeholder vogliono comprendere quanto, come e per chi è stato generato valore sociale, dobbiamo mettere in campo soluzioni credibili, attuabili e sostenibili.

Passare, dunque, da modelli teorici costruiti a tavolino a strumenti che siano poi calati nella quotidianità delle organizzazioni. Si tratta di un’operazione tutt’altro che semplice; da una lato, la tentazione di costruire approcci raffinati e complessi ci può portare a disegnare strumenti troppo onerosi, difficilmente agibili dalle organizzazioni meno strutturate. D’altro canto, c’è il rischio di mettere in campo modelli prettamente compilativi, svilendo il processo di misurazione ad una semplice lista della spesa. Giungere ad un punto di equilibrio tra queste due tendenze divergenti, non sarà affatto semplice, in tal senso crediamo sia necessario avviare una fase di dialogo, negoziazione e sperimentazione affinché gli approcci e le metodologie siano condivise dai diversi stakeholder. Per rispondere a questa esigenza, insieme ad altre organizzazioni abbiamo dato vita, nel dicembre 2015, all’Associazione Social Value Italia. L’associazione vuole contribuire ad alimentare il confronto sulla misurazione del valore sociale, facendo dialogare soggetti diversi al fine di contaminarsi reciprocamente.

Una delle prime questioni sui riteniamo sia opportuno concertare l’attenzione di Social Value è connessa con la definizione di processi condivisi rispetto alle pratiche di reporting sociale. Un buon processo di reporting dovrebbe essere orientato dai seguenti principi: chiarezzaaccessibilitàtrasparenzaverificabilità eproporzionalità. Un report è chiaro nel momento in cui, attraverso una narrazione coerente, consente al lettore di apprezzare il legame che tiene insieme obiettivi, attività e risultati. Rispetto all’accessibilità, un report dovrebbe fornire le informazioni rilevanti a ciascuno degli stakeholder interessati. Un report, poi, dovrebbe esseretrasparente, pertanto comprensivo e onesto nell’esposizione dei risultati effettivamente conseguiti dall’organizzazione. I risultati di impatto di un report debbono essere verificabili, consentendo ad altri stakeholder (es. terza parte) di testarne la solidità. Infine, è opportuno che le attività di reporting siano proporzionali, ovvero che il livello di profondità dell’analisi sia commisurato alla complessità dell’organizzazione. Se provassimo ad applicare questi principi alle attività di reporting, è probabile che gran parte dei nostri lavori non riescano a superare la prova. Certamente, sarà necessario del tempo per arrivare a definire e sperimentare approcci e modalità operative in grado di offrire soluzioni credibili alle sfide che oggi ci troviamo ad affrontare. In primo luogo, occorre evitare di inviare agli stakeholder messaggi che possano essere contraddittori, sin dal lessico utilizzato.

Il concetto di “impatto”, ad esempio, va usato con grande cura. A nostro avviso, un’accezione estensiva rischia di generare e legittimare delle operazioni di maquillage dei bilanci sociali, depotenziando, così, i benefici connessi con i processi di riflessività della valutazione. Al medesimo tempo, un utilizzo filologico di impatto rende pressoché inattuabile, soprattutto per le organizzazioni meno strutturare, il reporting del valore sociale generato dalle attività. La soluzione, come dicevamo, va cercata nel confronto. Pertanto discutiamo, parliamone, sperimentiamo, senza timore di incorrere in errori, anche perché la fase nella quale ci troviamo ci consente questi margini di negoziazione. A riguardo una prima proposta di metodo: proviamo a mappare e raccogliere le esperienze italiane di misurazione del valore sociale. In tal senso, alla luce della sua missione, Social Value Italia intende offrire il suo contributo per promuovere e sostenere questo percorso, perché sul tema dell’impatto non ci possiamo permettere di prendere lucciole per lanterne.

*Federico Mento è direttore di HF e segretario generale Social Value Italia

Valentina Langella (Altis) è coordinatrice Comitato scientifico Social Value Italia